Omar dei treni

Omar dei treni
Omar Bertacin
Io il motivo per cui sono entrato in psichiatria è perché mi ci ha messo il mio babbo, con lo psichiatra.
Lui aveva un carattere forte, un caratteraccio brutto. Era violento.
Poi io avrò avuto 4 o 5 anni, la prima volta, e sono andato via con il treno; non ci volevo tornare più a casa.
Perché avevo una famiglia violenta: babbo e mamma violenti, il fratello che non ti guarda, o mangia e poi ti sputa addosso.
Il babbo la sera prima mi teneva fuori casa e poi,solo dopo che aveva mangiato lui, mi faceva salire a cena; il fratello mi diceva “non respirare sennò ti soffoco”, oppure “ti si mette all’ospizio o da qualunque altra parte, l’importante è che ti levi dalle scatole”.
Il mio Assistente sociale era spaventato per questa storia del babbo, che ero sempre fuori casa e la sera, dopo che avevo mangiato da solo dopo tutti, il babbo mi buttava fuori: dormivo alla stazione di Vaiano e dormendo lì arrivavo fin verso le 5 e mezzo di mattina, poi tornavo a casa e allora lui mi faceva entrare a dormire; mi diceva: “vieni su a dormire!”… Io avevo paura del buio, di girare per Vaiano di buio ….
Alla stazione c’erano due o tre barboni … non mi davano noia però.
Io saltavo la scuola, perché un ragazzino piccolo come me, tra mangiare male e dormire alla stazione, come facevo a andare a scuola!? A scuola andavo male e amici ne avevo pochi. Ero sempre a dormire di giorno perché la notte dormivo male e le suore all’asilo: dai, due o tre ceffoni per svegliarmi! Perciò non ci volevo andare, all’asilo.
Alle elementari ho avuto il problema che mi hanno messo il sostegno e mi faceva solo disegnare … Io ho fatto fino alle medie, ero nella sezione C, come mio fratello. Ma anche alle medie non mi trovavo bene: un professore mi picchiava, quello di sostegno invece no. Lui mi consigliò di continuare la scuola e allora andai a fare il Perito Meccanico all’Istituto Tecnico. Il corso durava due anni, ma dopo un anno … facevo a cazzotti perché ero geloso per le ragazze, le volevo tutte io. Andavo sul tetto e nei bagni a fare a cazzotti con tutti. Allora dopo un anno mi hanno buttato fuori … dice che non andavo bene a scuola … ma io studiavo, studiavo! Però quando m’interrogavano mi prendevano in giro: c’era uno che ripeteva tutto quello che dicevo e mi sembrava che il professore fosse d’accordo con tutti gli altri. Io stavo anche dodici ore a studiare e avevo imparato tutto, ma gli altri erano d’accordo a ripetere quel che dicevo … Mi hanno buttato fuori, dice “ I che tu sei, handicappato!”. Io studiavo veramente però: dormivo la notte due o tre ore e poi studiavo sempre con la mamma e il babbo che mi ripassavano e sapevo tutto per filo e per segno. Ero bravo in geometria, matematica … ma gli altri erano d’accordo, mi guardavano male, dicevano che volevano rispondere loro alle domande del professore … insomma dopo quasi un anno mi hanno buttato fuori: “vai a cercarti un lavoro” mi hanno detto.
Insomma, io prendevo sempre l’ultimo treno e scappavo a Bologna. Oppure andavo a Rimini e, da Rimini a Ferrara, poi andavo a piedi. Io prendevo sempre l’ultimo mezzo e poi scendevo e continuavo a piedi, sia in lungo che in largo.
A volte prendevo il biglietto, a volte no; dormivo spesso nelle sale d’aspetto della stazione e piangevo, piangevo, piangevo su questa situazione di casa, del fratello, dei genitori. Stavo male. Scappavo e piangevo e poi dopo un giorno o due tornavo e sentivo tanto dolore che piangevo, su quelle carrozze dei treni …
Per questo poi alla Psichiatria, prima della Cooperativa, mi hanno chiamato Omar dei treni . “Ecco Omar dei treni!”, dicevano, e mi fecero anche un filmino che ora ce l’hanno in un VHS al Centro Diurno “Lo Stanzone” della ASL.
Diverse volte ho chiesto aiuto alla polizia ferroviaria di Bologna: all’inizio non mi credevano, dopo mi hanno fatto venire a prendere dai miei genitori per riportarmi a casa.
Una volta avevo conosciuto una ragazzina: prendevo l’ultima SITA per Arezzo, e la prendevo apposta per rincontrarla, anche se pioveva; lei lavorava in un Motel vicino Arezzo. Si parlava, si stava insieme … poi una volta sono mancato tre giorni e se l’è presa un altro.
A quei tempi ero diventato come un vampiro: il giorno dormivo, la sera prendevo l’ultimo mezzo, dove andava andava,chi se ne importa: l’importante era andare, andare … e poi facevo delle passeggiate lunghe tutta la notte. Vedevo sempre buio.
Prima della Cooperativa, mi aveva seguito per un periodo l’Assistente Sociale e tutti i giorni pranzavo con un operatore, avrò avuto 13 anni … però i carabinieri mi trovarono una volta che camminavo per strada e scappavo … Quel percorso non funzionava; il babbo chiamò la Psichiatria e conobbi il Dott. Sarchielli, il mio primo medico. Lui parlò con l’Assistente Sociale e dissero che non potevo rimanere a casa, che i miei genitori mi ammazzavano, che il babbo a un certo punto era “scoppiato” e l’assistente sociale era spaventato, e ha avvisato i carabinieri e la psichiatria …
E la Psichiatria mi mise nell’appartamento della ASL “La Clessidra”. Fu dopo che mi hanno buttato fuori da scuola, avevo tipo 15 o 16 anni. Prendevo 15 gocce di Serenase e 20 di EN.
Andavo a trovare il babbo con un infermiere due volte a settimana …
Ora, 5 o 6 anni fa gli operatori hanno smesso di portarmi in giro, perché dicono che ho già gli amici e non importa più … ed è vero.
Nel 1994, a 18 anni, sono entrato in Cooperativa e fino a un anno prima continuavo a prendere l’ultimo treno e andavo “fino a oltre”. Mi hanno mandato in Cooperativa perché avevo fatto a botte con un’operatrice della “Clessidra”, che voleva sempre comandare: vieni qui, fai questo, fai quello, pulisci, lava … e io m’infuriai, sono andato di fuori e ho buttato giù 3 o 4 porte che erano chiuse a chiave. Allora il mio babbo si era molto agitato … chiamò il dottore e il dottore mi mandò all’Humanitas.
La prima casa della Cooperativa dove ho abitato era Camerata, a Carmignano; allora c’erano solo 3 case famiglia lì. Mi ricordo che la mia casa famiglia non aveva un posto tutto suo per fare le vacanze, ma si andava lo stesso. La prima volta siamo andati al mare verso Torre del Lago: la Cooperativa pagava l’affitto per stare al mare, io ero contento e mi piaceva.
Io non ero mai stato in vacanza.
Prendevo Largactil, Haldol e EN: Il Largactil dà reazione al sole e da quando l’ho preso il sole mi fa male, malissimo: per me Ferragosto è come l’inverno. Gliel’ho detto allo psichiatra ma all’inizio si è continuato così …. mi ha rovinato, il Largactil.
In casa famiglia stavo bene, ma non bene come ora … stavo peggio: mangiavo tanto, litigavo sempre con un compagno, o un operatore e ogni due o tre giorni veniva l’ambulanza con la sirena a prendermi e mi ricoveravano in Psichiatria a Prato e ci stavo due o tre settimane; poi tornavo e dopo due o tre giorni si ricominciava. In Psichiatria per me era come in vacanza, a quei tempi, non la conoscevo allora cos’era davvero, e cercavo di fare le amicizie con tutti. Però qualche volta, ogni tanto, mi legarono con la camicia di forza nel letto, chiuso al buio. Forse facendo conoscenze poi … qualcuno sarà stato nervoso di suo e io volevo fare amicizia e succedeva casino e ogni volta che andavo mi ritrovavo legato nel letto al buio.
Questo è durato dal 94 fino a che sono rimasto in quella casa, sarà stato 3 o 4 anni.
Ma non con tutti gli operatori li picchiavo: a volte certi mi portavano a comprare vestiti nuovi, o a raparmi a zero dal barbiere ogni settimana.
Anche prima mi compravo dei vestiti … mi davano qualche soldo, un po’ la mamma, un po’ il babbo … Quando ero piccolino ogni anno la mamma mi rifaceva il guardaroba, spendeva tre o quattrocentomila lire per me all’anno … La mamma mi trattava meglio degli altri … ma si è ammalata di diabete … prima di ammalarsi aveva un carattere dolce, però poi è cambiata … Aveva il diabete molto, molto alto … mi faceva paura. Alla fine andò in ospedale, in una clinica vicino Arezzo; ce la mandò l’Assistente Sociale e io andai a trovarla con gli operatori di Camerata …
La rimisero a nuovo, tornò a casa … e dopo un giorno le è preso l’ictus ed è morta.
Non so se mi abbia mai difeso contro il babbo e mio fratello, io non l’ho sentita.
Poi, quando ero nella prima casa famiglia, facevo diverse cose per il mio percorso: andavo al ristorante della Cooperativa e lucidavo le posate, pulivo e a volte servivo ai tavoli e aiutavo in cucina a lavare; a cucinare no, ero un pasticcio, facevo solo cosette. Poi hanno preso un altro e non se n’è saputo più niente. Mi piaceva. Prima non avevo mai lavorato al ristorante … andavo al collocamento con il mio fratello ma non ho mai trovato niente. Lui lo presero alla cardatura, invece io ogni poco ero a fare le rocche e dopo un mese di prova: niente!! Non mi prendevano. Poi ho provato alla filatura e dopo un mese zero; poi sono andato a un magazzino e dopo tre giorni zero, perché dovevo alzare le casse ma le casse vanno alzate col muletto invece loro volevano che io le alzassi a mano e non ce la facevo. Ho provato, provato … Niente, né qui né di là.
Il mio fratello faceva il cardatore invece … ora non lo so che fa, sta a Vaiano credo, ma da quando è morta la mamma il 23 Gennaio del ‘98 e il babbo nel Novembre del 2006 c’è stata un po’ di tensione in famiglia.
Quando è morta la mamma, il mio babbo ha cambiato subito registro, ha cambiato il comportamento con me: veniva sempre a trovarmi in casa famiglia e all’inizio mi faceva le feste.
Anche il babbo è morto di ictus, come la mamma, anche se aveva fatto da poco la risonanza magnetica e diceva che era tutto felice perché andava tutto bene ma soprattutto perché gli avevano trovato 2 cuori. Il babbo diceva cose strane …
Insomma, da quando è morta la mamma, il babbo si è appiccicato a me sia quando ero nella prima casa famiglia che nella seconda, alla Villa (N.B.: attuale Casa Famiglia Il Podere), e anche all’appartamento di Via Livorno. C’era questa tensione tra lui e il mio fratello, che il mio fratello voleva i soldi e lo menava e il babbo mi diceva “dammi i soldi, sennò mi ammazza”… Gli operatori mi dicevano: “se proprio vuoi, dagli solo 2 euro”, ma io gli davo di più, di nascosto … sai, ero affezionato al babbo. Il fratello era pericoloso e il babbo veniva a cercare me, mi diceva “fammi compagnia per favore sennò il tuo fratello mi ammazza”. Io l’avevo detto all’’Assistente Sociale che il babbo lo picchiavano, e gli assistenti sociali volevano dargli il sussidio, ma lui cominciava a urlare che non lo voleva.
Io che lui mi stesse sempre appiccicato la prendevo così e così …. lo prendevo come un babbo, lo prendevo … : era il mio babbo.
Quando ha conosciuto l’operatrice Luisa di Via Livorno, che sono andato a vivere in appartamento, il mio babbo suonava il campanello, mi chiedeva 50 o 60 euro e lei lo mandava via chiedendogli cosa volesse da me, gli diceva che se mi dava fastidio lei lo denunciava …. perché in realtà il babbo mi chiedeva i soldi: “dammi i soldi o ti ammazzo”…
Veramente il babbo di carattere era fatto male, il sussidio non lo voleva e voleva solo i soldi da me … voleva comprarsi un’ape con i miei soldi. Lui chiedeva i soldi, entrava in casa senza permesso … e Luisa forse mi ha difeso.
Anche in casa famiglia, prima, non volevano che vedessi il babbo. Io pensavo …. che alla fine l’ho mandato davvero a quel paese e non si è fatto sentire per una settimana e dopo questa settimana gli è preso l’embolo ed è morto. Però prima stava bene … ma era molto cattivo con me.
Mi è dispiaciuto che sia andata così: all’inizio non ci credevo che era morto, quando me l’hanno detto: ridevo, che l’avevo visto sei giorni prima e stava bene!
Proprio quando la settimana prima io l’ho mandato a quel paese e lui a mandato me … Non ci credevo.
Allora siamo andati al cimitero e ci ho creduto, che è morto. Oh, era morto veramente!! Sono stato al funerale e piangevo e tremavo, da quanto stavo male … Il funerale lo avevano pagato tutti i bar, la Coop e i negozi di Vaiano, dove si stava, e mi ha fatto piacere.
Nella seconda casa famiglia c’era un ragazzo che mi portò a Firenze; era un altro utente e aveva la Ford Fiesta e ogni poco mi portava a Firenze con la macchina e gli operatori si sono arrabbiati perché non volevano che andassi a Firenze da solo.
Già alla fine del periodo nella prima casa famiglia, io avevo un inserimento socio terapeutico in un maglificio nella zona industriale di Poggio a Caiano: piegavo le maglie e facevo delle rifiniture. Andavo tutte le mattine dalle otto e un quarto fino all’ora di pranzo; a volte mi accompagnavano a casa da lavoro, altre volte mi venivano a prendere gli operatori. Mi trovavo bene con la gente che lavorava lì. Una mattina, quando facevo colazione, che prendevo a volte un caffè e una pasta, mi sentii male a lavoro, perché al tempo prendevo 5 o 6 Leponex al giorno, il Serenase e l’EN. Il Leponex, che si controlla con i valori del sangue, ne prendevo 3 o 4 pasticche a pranzo e non lo prendevo a colazione, per essere sveglio a lavoro. Però non ce la facevo lo stesso, ero stanco, vomitavo … E i lavoratori si sono preoccupati e mi chiedevano se stavo male, che vomitavo negli angoli fuori dalla fabbrica …. All’inizio mi hanno brontolato, perché in quei giorni uscivo ogni poco, poi hanno visto che andavo a vomitare e si sono preoccupati perché mi si erano affezionati.
Avevo anche le allucinazioni: vedevo persone girare su e giù e sentivo delle voci … delle immagini forti, e con le voci ci parlavo anche. L’ho detto allo psichiatra e lui mi ha ridotto il Leponex.
Dopo circa due anni alla Villa sono andato nell’appartamento di Via Livorno, in semiautonomia. Ai tempi il babbo stava a sedere lì a pregare la Madonna, poi andava al sexy shop a compare le donne gonfiabili perché diceva che “gli mancava la Vergine”, andava dal medico e prendeva 4 o 5 Viagra, che più di uno non si può prendere!!
Il babbo faceva un’iniezione ogni settimana, gliela andava a fare a casa l’infermiere della Psichiatria, perché lui sennò non ci andava, o scappava. Diceva: “non voglio vedere infermieri, né gente stupida fuori casa”. Poi, come ho già detto, gli dissero di non venire in Via Livorno o lo denunciavano; mi portavano su (N.B.: Vaiano è in collina) 2 o 3 volte a settimana, dal babbo, verso le 8 di mattina. Mi portava un infermiere … poi verso le dieci entravo a lavorare. Io stavo accanto al babbo, anche se … però poi lui disse che mi denunciava se non andavo a trovarlo. Allora non mi portavano più da lui, perché era diventato pericoloso, siccome io non gli davo i soldi. Scappava per non fare la puntura, lo cercavano polizia e carabinieri, non sapevano dov’era nascosto … e mentre lo cercavano lui veniva da me … e mi disse: “dammi i soldi sennò non ti lascio più tornare a casa in Via Livorno” …
Quando prendeva la puntura ogni due settimane io riuscivo a stargli vicino, poi ha cominciato a scappare e non fare la terapia e non era più possibile stargli vicino per me. Poi si accorsero anche che io gli davo i soldi e lui mi prometteva di rendermeli col sussidio, che in realtà non lo prendeva mai. Fu allora che si fece una litigata forte e alzai la voce, per la storia dell’apino: ne aveva comprati diversi, vecchi, arrugginiti, che nemmeno partivano, tutti coi miei soldi, che me li rubava dalla cassettina in casa, con la scusa di entrare per fare pipì. Poi andava dalla Polizia e mi voleva denunciare! Io ero arrabbiatissimo, e allora lui disse: “te non sei più il mio figliolo, vattene dalla mia vita”. E dopo una settimana l’hanno trovato morto a Vaiano per un ictus, un embolo, o che so io …
Con il mio fratello ci avevo già litigato, che mi entrava in casa come se fosse casa sua, e gli operatori non volevano, sicché lui disse che non ci metteva più piede, in quella casa di matti.
Dopo, da quando è morto il babbo, mi sono fatto gli amici; ne ho 3 gruppi diversi: il primo ci sono Giovanni, Remigio (che è quello che manda la macchina), Elio, Francesco e Ciro; il secondo c’è Paolo, Giancarlo e Massimiliano; il terzo c’è Manuele, Riccardo della Casa Famiglia di Poggio e Gianfranco. Dal 2006 me li sono fatti, gli amici, e hanno la macchina.
Esco a volte con un gruppo, a volte con un altro … In un gruppo o cinema o pub, l’altro solo cinema perché Giovanni ha fatto tanti corsi di cinema ed è appassionato; l’altro gruppo ancora una girata al fiume,un caffè dopo cena, o una bevuta in un pub … Al pub io bevo l’acqua o la Coca o un dolcetto.. a volte per fare compagnia a Giovanni, un mio amico, prendo le patatine.
Il primo Maggio io Riccardo e Emanuele, che manda la macchina, con altri due che conosco meno, siamo andati a Firenze alla pasticceria Gilli, dove lavora il babbo di Emanuele: pioveva e siamo andati sotto l’acqua!! Ahah!
Sabato scorso la sera invece mi sono venuti a prendere e siamo stati fino quasi all’una e mazzo a Firenze a girare per le piazze e poi s’è preso un caffè; c’era anche un ragazzo nuovo che è un pittore bravissimo.
Li ho conosciuti piano piano, con il tempo … ora li vedo tutte le settimane. Ci si dà appuntamento qualche giorno prima e ci si incontra.
Emanuele l’ho conosciuto al “Lapis”, un gruppo di ragazzi che si riunisce con infermieri e psichiatri e facciamo attività: si disegna tutti insieme. Abbiamo anche esposto i nostri lavori alla “Bottega del The” in Piazza Mercatale a Prato. Ognuno fa una linea, un colore, poi ci si scambia posti e dal lavoro di tutti viene fuori il quadro. Con Emanuele, dopo 4 o 5 mesi, siamo diventati amici.
Lui prende i farmaci ma sta a casa sua e guida la macchina; è quello che ci porta divertire, è proprio bravo. Ci porta a qualunque ora, con qualunque tempo. E’ davvero in gamba, anche se prende gli psicofarmaci. Spesso ci si ferma con la macchina, mentre siamo in giro, sempre nel solito posto e, sempre al solito cespuglio, lui va a fare pipì: ahahaha!
Ora la vita ce l’ho molto diversa, dal 2001 che sono in Via Livorno. Ho smesso di andare al maglificio e ho iniziato a lavorare in ufficio alla Cooperativa La Ginestra: all’inizio pulivo gli scaffali, sistemavo, controllavo gli archivi. Poi sistemavo incartamenti, li protocollavo, rispondevo a telefono e dopo ho iniziato a fare cose più difficili. Andavamo anche a fare pulizie a un asilo: passavo mattinate a pulire l’asilo. Lì alla Ginestra era un lavoro a gettone.
Dopo sono entrato a gettone in Humanitas e infine mi ha preso la Cooperativa La Traccia, con la busta paga. Di mansione ora faccio tipo il portaborse: consegno i documenti, pago i bollettini alle banche e alle poste, faccio raccomandate, porto assegni. Nel frattempo ho fatto anche un corso di Photoshop.
Quindi ho la pensione e la busta paga di 180 euro, ma negli ultimi 3 o 4 anni ho avuto delle detrazioni per via dell’INPS; io non mi ero accorto di nulla, se n’è accorta l’operatrice. Adesso per fortuna non ce ne ho più; va controllato bene!
Per lo sport, quando sono entrato in Via Livorno giocavo a basket, poi ho dovuto smettere perché durante un allenamento alla “Polisportiva Aurora” mi sono lussato la rotula. L’allenatore di palla a canestro mi portava fuori, si andava in giro, anche a donne. Poi ho fatto un po’ di pallavolo in Humanitas, ma quest’anno non sono andato perché c’erano solo allenamenti e non il torneo, e a me piace divertirmi alle partite dei tornei.
Ora non mi picchio più con nessuno dai tempi della seconda casa famiglia; lì litigai il primo giorno, perché un altro utente voleva il mio piatto di carbonara e allora abbiamo fatto a botte. Ci si litigava sempre per la pasta e io alla fine non la mangiavo quasi mai.
Da quando sono in Via Livorno già non picchiavo più nessuno, ma le ho prese: è capitato che, con un un altro ragazzo che ha abitato lì, lui s’innervosiva perché gli operatori lo riprendevano e poi litigava con me … quindi a volte si faceva a botte. Un altro ancora che per poco tempo ha abitato lì, una volta mi ha aggredito senza motivo e ho preso due o tre manate nel viso … allora chiamarono la Luisa, che venne dopo tre giorni dalla Sardegna, che la sua mamma stava male laggiù; per un periodo mi hanno trasferito nell’altro appartamento della Cooperativa, in Via Concone, finché non è andato via quest’altro ragazzo da Via Livorno. Lui era un po’ di fuori e i Carabinieri lo hanno portato a Montelupo; io dopo sono tornato in Via Livorno e me l’hanno raccontato i condomini.
Con i condomini sono sempre andato d’accordo, tranne quando un altro ragazzo se la prendeva con loro e mi metteva in mezzo nei suoi discorsi, così loro se la rifacevano con me, poi. Non ho mai fatto a botte coi condomini però. Ci ho fatto amicizia un po’ per volta.
Ora sono più di una decina d’anni che non capita di fare a botte con nessuno né di prenderle.
Quando arrivai in Via Livorno iniziai a dover fare da solo le pulizie di casa; all’inizio si faceva un po’ per uno con i compagni di casa ma secondo l’operatrice Luisa io facevo poco, allora si arrabbiò e m’insegnarono meglio, anche se, secondo me, io sapevo di già perché pulivo anche a casa dei miei genitori e nelle case famiglia. In Via Livorno facevo tutto da solo: pulizie, cucinare, prendere la terapia. Gli operatori mi venivano a trovare una o due ore al giorno e mi davano una mano.
In Via Livorno ci sono rimasto dieci anni, più o meno.
Ora non ci sto più.
Fin da piccolo pensavo di comprarmi una casa tutta per me, che poi dicevano i miei genitori che i soldi non ce li avevo e non potevo.
Invece, dal 2005 gli operatori mi stanno aiutando in questo progetto, di cercare una casa tutta mia e adesso il mio sogno si è realizzato: vado a vivere per conto mio, in affitto, nonostante tutto quello che mi diceva mio fratello sul fatto che sarei andato in ospizio o in manicomio. Invece io dicevo: “No, avrò una casa tutta mia!”
E’ stato difficile trovare questa casa: prima si cercava e si vedeva delle case da comprare … ma la banca non mi ha dato i soldi del mutuo per compare la casa. Non lo so perché; in banca andava l’operatore e mi ha raccontato che hanno detto di no …
Allora, da circa due anni, ho deciso di andare in affitto, ma anche lì ci ho messo tanto a trovare: alla fine ha dovuto mettere la firma il Pintus (N.B. Presidente della Cooperativa) a garanzia, per aiutarmi con il padrone di casa e l’Agenzia Immobiliare, altrimenti non me la davano, la casa. Non sapevano se si potevano fidare, che sono un utente … poi alla fine il figlio del padrone mi aveva conosciuto durante il Servizio Civile alla Villa e allora questo, più la firma del Pintus e del Baldini (N.B. Viceprsidente) … si sono fidati.
Abbiamo visto tante case, e mi hanno chiesto quale preferivo e io gli ho detto questa che ho preso. E’ una casa su due livelli, con il garage. Ci sono doppi servizi, la mia camera e una cucina – soggiorno. L’abbiamo dipinta tutta di bianco. Mi piacciono i muri bianchi; infatti l’anno scorso trovai una casa con i muri tutti colorati, un colore diverso ogni stanza … però la banca non mi diede i soldi per comprarla … lì per lì mi piaceva, ma ora preferisco il bianco.
Abbiamo comprato i mobili a Quarrata e li ho scelti io, i colori e le maniglie: il letto è in ferro battuto bianco e l’armadio è color Alaska, che sarebbe a strisce, tipo ghiaccio. Hanno fatto le volture, manca solo la revisione della caldaia e altre formalità per gas e luce; i mobili li hanno già montati gli operatori. Io ho pulito, pulito, pulito tutta la casa, soprattutto dopo l’imbiancatura.
Ora siamo a buon punto: ho già preso asciugamani, piatti, bicchieri, tutto all’IKEA. Dovrei trasferirmi entro una settimana. Sono contentissimo! Non vedo l’ora di andare!
Per il futuro m’immagino che vada anche meglio, perché avrò casa mia.
Intanto sto lavorando per organizzare la festa del mio compleanno con un amico, che ora è al mare coi suoi e torna il 3 Agosto. Io pensavo di fare una cena al ristorante giapponese, ma lui preferirebbe mangiare italiano, in un posto che si spende poco. A me sta bene e credo che andremo lì: dice che fanno delle belle bistecche massicce!
Sono degli anni che non prendo un treno.